Marina al tramonto

 

Giovanni Fattori, 1890-1895, olio su tavola, dim. cm 19 x 33, Firenze, Galleria nazionale d'Arte Moderna


 Musica: Folaghe, Fabrizio De Andrè

Come profuma questo mare, come si stende il velo del tramonto su questa immensità di sale nelle narici e tra i capelli. Il vento mi svuota i polmoni dell’aria e dei ricordi, ed è come se una vita intera mi piangesse addosso la sua voglia di tornare.

Ma non tornerà. Non tornerà il sorriso beffardo sotto il naso di Luca in quella notte di birra e malvasia. Quelle due lacrime sciocche di pentimento sanno ancora d’alcool e malinconia, le sento sulla lingua e fra le tempie. Non avresti dovuto permetterlo, amico mio. Non avresti dovuto lasciare che i suoi riccioli scuri ti nascondessero così al mio futuro. Ma era mia moglie, in fondo, e non seppi mai più guardarla nella luce chiara dell’amore eterno.

Non ho più guardato nemmeno te, chissà se la mia mano ha cambiato per sempre le ombre leggere di barba sul tuo mento.

Non tornerai più, Lucia, non tornerà la chioma sbarazzina sulle tue spalle flesse e lisce, angelo mio. E il sacchetto di castagne confuso nel fiato di novembre. I tuoi passi incerti mentre ti appoggi a me. Il soffio indiscreto del vento fra le tue caviglie… e quel calore mai compreso al centro del petto… Non torneranno, no, puliti per sempre dalla spugna del dolore. Pensarti abbracciare il suo sudore è bastato a sciogliere il colore dei tuoi occhi, il peso dei tuoi sospiri.

Non tornerai Tobia, con il battito sordo della coda felice fra le mie gambe, l’umidità fedele della tua lingua a penzoloni nelle corse sul lago, il tuo sguardo disperatamente attento a ogni mio gesto, disposto a riporre in una carezza il senso intero di una vita a quattro zampe. Vorrei poter stropicciare ancora le tue orecchie, percepire l’odore cattivo e familiare del tuo pelo bagnato, e abbaiare insieme a te a questo sole che piange nascosto fra le nubi.



Vi devo ogni paura, e ogni sorriso. Da tempo il rancore si è bagnato nell’acqua scura del porto, e giace sul fondo degli incubi, dimenticato anche dal tempo. Non tornerete, no. Ma in fondo sapete che non ve ne siete mai andati. Perdonatemi se ho continuato a vivere, perdonatemi se ora non scende nessuna lacrima a ornare questi vecchi zigomi. C’è un’altra vita, più in là, c’è un nuovo tramonto che voglio tornare a guardare insieme a voi. Vi porterò in queste tasche stanche, nel bianco dei capelli, nel fumo di ogni sigaretta. Starete con me, con me guarderete la brezza del mare asciugarmi ogni giudizio, con me sorriderete divertiti della morte.

Ma ora lasciate che vi giri le spalle. C'è un bambino che aspetta questo vecchio, e mille storie da raccontare. C’è un sorriso nuovo da inventare, da spendere.

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