L'Ultimo Pentito
Le polemiche sul trattamento riservato ai pentiti di mafia si riaccendono ciclicamente, in genere ad ogni scarcerazione "eccellente". L'ultima è una delle più accese, perché riguarda nientemeno che Giovanni Brusca, l'autore materiale della strage di Capaci e altre nefandezze.
Questo breve racconto ha più di vent'anni, ma non li dimostra...
L’ultimo pentito
L’hanno catturato ieri sera. Prendeva il suo solito caffè corretto al bar, poveraccio, e mica se lo immaginava di avere dietro tutta la polizia di Palermo. L’hanno colto di sorpresa, e lui era così sconvolto che non si è nemmeno ricordato di coprirsi il viso quando è passato davanti alle telecamere delle TV, che erano state prontamente avvisate dell’operazione.
Adesso Salvatore Contapoco siede costernato, un poco incredulo, nella stanza degli interrogatori, lisciandosi nervosamente i lunghi baffi neri.
Passi nel corridoio, ticchettando cuoio di scarpe lucide nere. Mormorii riverenti, arriva, arriva. Si apre l’uscio ritagliando in faccia a Salvatore una fetta di neon del corridoio e, incazzato nero come sempre, fa il suo ingresso il giudice Scuro Involto. È solo, l’eroe nazionale, il giudice antimafia più duro e coerente che si ricordi, più potente di tutti i politici, anche se ancora per poco.
— Buona sera, signor Contapoco.
Tra i mafiosi il titolo di “signore” si riserva solo alle nullità. In genere i capimafia non gradiscono molto questo appellativo, ma Salvatore Contapoco, in quanto tale, non ci bada.
— Buonasera, dottor Involto.
— Dunque, finalmente l’abbiamo presa... dopo tanta fatica.
Salvatore stenta a capire.
— Perché, è stato difficile?
— Non prenderla, certamente, ma individuare il suo nome, sì. Sapevamo che c’era un responsabile per i delitti che lei ha commesso, ma prima di fare uscire il suo nome abbiamo dovuto interrogare diverse decine di collaboratori.
Salvatore non capisce se deve sentirsi lusingato o preso in giro. Dopo qualche secondo, opta per la seconda ipotesi.
— Minchia, dottore, che è, mi piglia per il culo? Io sono un pesce piccolo, uno da poco, non ho fatto niente... o quasi... e poi sono anni che sono fuori, non conosco più nessuno, non mi cercano nemmeno più. Penso che si siano addirittura scordati di me.
— Lo sappiamo, Contapoco, ed è proprio per questo che è stato così difficile trovarla... nessuno si ricordava più di lei. Ma noi sapevamo che c’era, e alla fine l’abbiamo trovata.
Salvatore continua a non capire, ma sa che presto gli verrà spiegato tutto. Così inizia a fare come gli ha consigliato l’avvocato.
— Veniamo al dunque, dottore. Di che cosa sono accusato?
— Poca cosa... se non sbaglio lei era un semplice fattorino, giusto?
— Forse...
— Senta, Contapoco, non faccia il furbo. Ci sono prove schiaccianti contro di lei: registrazioni, documenti, testimonianze... non ha scampo.
Salvatore sarà pure Contapoco, ma è e resta uomo d’onore. Nessuno può parlargli così. Si alza e guarda Scuro fisso negli occhi da pochi centimetri, furente. Poi, in un italiano perfetto:
— Senti, dottore, se sai già tutto dimmi cosa cazzo vuoi da me, figlio di mignotta!
Scuro Involto lo guarda fisso, immobile, per lunghi secondi, durante i quali la spavalderia di Salvatore vacilla paurosamente. Poi scoppia a ridere, in modo fragoroso, incontenibile. Nessuno, vedendolo adesso, riconoscerebbe il terribile giudice Scuro Involto, forse nemmeno sua madre. Ride, ride fino alle lacrime, fino a stare male, fino a non reggersi più in piedi, di fronte a un Salvatore sempre più stupito.
— È finita, testa di minchia, è finita, abbiamo vinto, e alla fine l’unico che la prenderà davvero in culo sarai tu!
A questo punto Salvatore non ne può proprio più, deve sapere. Prende Scuro per le spalle e lo scuote, finché lui, a fatica, smette di ridere.
— Dottore, dottore, porca troia, mi spieghi cosa vuol dire tutto questo, o io impazzisco! Per piacere...
Un flash, un lungo respiro, e la maschera da bravo giudice ritorna sul volto di Involto fulminea come se ne era andata. Prodigioso.
— Mi scusi, signor Contapoco, mi sono lasciato andare, ma sa com’è, la vittoria il troppo lavoro...
— Ma che vittoria, dottore, che vittoria, se sono solo un fattorino? Mi spieghi perché è così importante!
— Lo farò, ma prima mi dica che cosa intende fare lei, adesso.
— L’avvocato mi ha detto di collaborare... sono disposto a dire tutto, nomi compresi... c’è un grosso sconto di pena, e la protezione, vero?
Ancora un sorriso di Involto, ancora.
— Contapoco, chi è il suo legale?
— L’avvocato Pattisti, dottore.
— Ah! Così l’avvocato Lucio Pattisti le ha consigliato di cantare... interessante... e coerente, per giunta. Ma, evidentemente, non è molto aggiornato... ora le spiego.
Vede, Signor Contapoco, adesso le cose sono un po’ cambiate. Come lei sa bene, la lotta alla mafia si è sempre basata sulle rivelazioni fatte dai collaboratori di giustizia in cambio di protezione e sconti di pena. A più riprese l'opinione pubblica è insorta contro queste agevolazioni concesse ai cosiddetti pentiti, considerate eccessive e contrarie al senso comune di giustizia. Ricorderà anche che i dubbi di costituzionalità erano tali che la situazione rischiava di precipitare, privando la magistratura dello strumento più importante per la lotta alla criminalità organizzata.
Così, nel 1998, fu approvata la legge numero 135, nota come legge Tornaconti, dal nome del primo firmatario. Il problema fu brillantemente risolto modificando radicalmente il concetto di reato mafioso: fu stabilito che l’associazione mafiosa comporta legami così stretti fra i componenti che tutti possono essere considerati corresponsabili dei vari delitti, almeno in via secondaria. Insomma, grazie a questa legge fu possibile continuare a ridurre enormemente le pene dei pentiti, ma senza andare contro il senso comune di giustizia, perché la parte di pena non scontata dai pentiti, da allora, è ricaduta su coloro che ancora dovevano essere presi. Insomma, se per un omicidio un mafioso veniva condannato a trent’anni, se poi si pentiva quindici li scontava lui, e gli altri quindici, anziché cadere nel nulla, venivano messi da parte per i prossimi mafiosi arrestati, che non si sarebbero pentiti. Capisce, con la legge Tornaconti, i conti erano destinati a tornare, alla fine.
— Vabè, dottore, mi consenta, ma chissenefrega. Ora mi pento pure io, e saranno cavoli di chi viene dopo, no?
— Eh, no, caro Contapoco, per lei le cose vanno diversamente.
— E perché?
Pausa dell’eroe-giudice Scuro Involto, l’uomo che sconfisse la mafia. Pausa piena di presagi, un po’ teatrale, ma il momento lo richiede.
— Perché lei è l'ultimo.
— Come? — Salvatore non capisce, o forse semplicemente non vuole capire.
— È questa la vittoria, Contapoco, è questa: lei è l’ultimo! L’ultimo mafioso d’Italia. Vi abbiamo presi tutti, tutti quanti, non ce n’è più nemmeno uno! Quindi lei non può collaborare, visto che della sua collaborazione non sappiamo più cosa farcene.
Salvatore comincia a capire. Le gambe tremano un poco, mano a mano che la consapevolezza del significato di tutto ciò si fa strada nel midollo delle sue ossa, dai calcagni su su per la spina dorsale, fino a far esplodere un’emicrania titanica.
— Perciò...
— Perciò le cose si mettono male per lei. Perché, vede, dal 1998 a oggi, grazie alla riduzione prevista del 50% della pena, tutti i condannati a reati mafiosi hanno deciso di collaborare...
— Mmmh... — Salvatore vorrebbe parlare, ma la lingua è tutt’uno con il palato.
—...di conseguenza sarà lei a scontare, oltre alla pena per i suoi reati, che sarebbe di circa tre anni, un numero di anni di galera pari a tutti quelli inflitti dal 1998 a oggi per reati di mafia... il rimanente 50%, insomma...
— Mmmffhh...— Salvatore sibila un soffio di sofferenza. Quasi non respira più.
— ...che in totale fa circa 1800 anni. Forse meno, se si comporterà bene... si prepari a un ergastolo intero in cella di isolamento, Contapoco, perché, forse lo sa, quando si accumulano diversi ergastoli scatta la cella di isolamento per periodi sempre più lunghi, in proporzione alla quantità di pena.
Salvatore adesso è anche cieco e sordo. Un vegetale di disperazione.
— Stia bene, Contapoco. Ci rivediamo in tribunale.
Tic-toc, toc-tic, passi in cuoio si allontanano, misti al soffio leggero di una risata soddisfatta...
Geniale questo racconto. Bella la logica di fondo, fantastica la struttura. Singolare poi l'efficacia dei nomi attribuiti ai personaggi. Complimenti.
RispondiEliminaGrazie! Mi ero divertito parecchio a scriverlo, credo che si veda. Fa un certo effetto vedere che potrebbe essere stato scritto ieri... (Andrea)
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