Il vecchio e il cane


Al vecchio piace ancora camminare, specialmente di mattina. D'estate, si capisce. D'inverno giusto qualche volta, se c'è il sole e non fa freddo, nel primo pomeriggio. Perché poi, se prende freddo, quando torna a casa gli tocca alzare il riscaldamento, e costa. Quest'inverno gli è arrivata la diffida da quelli del gas. Era in ritardo di tre mesi sulla bolletta, dicevano. Come se non l'avesse saputo. Ma s'era rotta la lavatrice, tre mesi prima, l'idraulico gli aveva chiesto un'intera pensione, cosa doveva fare per pagare la bolletta, andare a rubare? Ché poi lui con la pensione non ci campa neanche così male, per quello che deve fare. Ma basta un imprevisto, ecco. E di imprevisti ne capitano. Ma comunque, alla fine la bolletta l'ha pagata, anche se gli è costata tre mesi senza una bottiglia di vino, senza una sigaretta, senza niente insomma. Le passeggiate però, quelle no, non gliele possono levare, nossignore. Quelle, almeno per adesso, sono ancora gratis.

Il vecchio chiude il portone del condominio, lungo il vialetto incrocia quella del terzo piano, la cubana. O forse è brasiliana. Mah, qualcosa del genere. Sta sempre al telefono, quella, con tre bambini incollati alle sottane. Lui il telefono ce l'avrebbe anche, ma non lo usa. Non deve chiamare nessuno, lui, e nessuno lo chiama. A parte per Natale, si capisce. A Natale lo tiene acceso, per salutare il bambino. Che ormai è grandicello, chiama sempre lui, con il suo telefono. Prima usava quello di suo padre, ma comunque la voce che sentiva era sempre quella del bambino. Suo padre non gli parla da quanto? Dieci anni? Da quella volta che il vecchio gli ha detto quello che pensava sulla moglie, il divorzio, e quella ragazzina. Il vecchio non si ricorda neanche bene come c'era arrivato, in argomento, perché già allora non è che si parlassero tanto, lui e suo figlio. Ma un padre è sempre un padre, certe cose bisogna dirle. Anche se poi tuo figlio, che già ti parlava poco, non lo senti più.
Il vecchio gira l'angolo e si incammina lungo il marciapiede. Il sole si è alzato da poco, l'aria è fresca e non c'è quasi nessuno in giro. Qualche serranda comincia ad alzarsi, la periferia si sta svegliando solo adesso. Incrocia un uomo su una vecchia bici, con la tuta blu. Quello va in fabbrica, di sicuro. Avrà il turno del mattino. Il vecchio se la ricorda bene la fabbrica, e ci mancherebbe. Trentacinque anni ci ha lasciato, in catena di montaggio. Forse non era l'operaio migliore, non dice di no. Forse non era il più sveglio e neanche il più veloce, ma ha sempre fatto il suo dovere. Non se lo meritava di essere trattato così. Certo, non è colpa di nessuno, si capisce. Sono arrivati gli americani, hanno comprato la baracca, e due anni dopo hanno chiuso lo stabilimento. E addio fabbrica, addio stipendio. Però ai più giovani un altro posto l'hanno trovato, magari a fare qualcosa di diverso, magari qualche chilometro più in là, ma non se li sono fatti scappare. Lui invece, un mattino arriva e gli dicono che ha un mese per trovarsi un lavoro. Alla sua età, un lavoro. Beh, quelli sono stati anni duri, sissignore. Per fortuna che c'era l'indennità di disoccupazione, poi qualcosa in nero per arrotondare l'ha trovato. E alla fine alla pensione c'è arrivato, ecco. Senza più niente da parte, ovvio. Senza più la macchina, senza più una casa sua. E per fortuna che gli hanno assegnato un alloggio nelle case popolari. Il vecchio però non è di quelli che si lamentano, in fondo non se la passa così male. Una passeggiata al mattino, una piccola spesa al discount, un lungo sonnellino davanti alla televisione. Ogni tanto quattro chiacchiere al bar, ché per fortuna nel quartiere un bar vero c'è ancora. Di quelli che ti siedi, prendi un bianchino e ci passi la serata a giocare a briscola. Ai suoi tempi erano tutti così i bar, e gli uomini ci andavano tutte le sere, dopo il lavoro. Adesso sono tutti posti piccoli, la gente passa, prende il caffè e scappa via. Ché tanto gli amici li tengono dentro il cellulare, non hanno bisogno di sedersi al tavolino, chissà come fanno. I vecchi come lui, la gente hanno bisogno di guardarla in faccia. Però non ci va spesso al bar. Intanto perché di soldi in tasca ne ha sempre pochi, ma non è quello. Il fatto è che quando torna a casa si sente più solo. Se sta per conto suo non ci pensa, ma quando vede gente, ecco, sì. Quando torna a casa gli sembra tutto vuoto e non è che accendere la televisione serva a molto. E poi comincia a pensare, e pensare non gli fa bene, ché poi comincia a mettere la vita sulla bilancia, e vede che cos'è rimasto. E si chiede se le cose magari potevano andare diversamente. E ripensa alle cose belle, ché anche nella sua vita ce ne sono state tante, ma adesso sembrano così lontane che forse non sono successe a lui, forse si è sognato tutto.
Il vecchio, camminando, si è allontanato dal quartiere. Sempre meno case, adesso, sempre più capannoni. A un certo punto vede qualcosa che si muove, più avanti. C'è un cassonetto pieno fino all'orlo, il coperchio mezzo aperto, qualcuno ha lasciato altra spazzatura per terra, lì vicino. Quello che si muove tra i sacchetti sparpagliati, adesso il vecchio comincia a vederlo meglio, deve essere un cane. Sì, è un cane. Piccolo, bianco e marrone. Quando sente i passi del vecchio, smette di rovistare e guarda nella sua direzione. Il vecchio adesso lo vede bene, sarà a una decina di metri. Non è un randagio, ha un collarino rosso con un pendaglio, un bel pelo luminoso. È un cucciolo, forse è scappato da qualche casa. Forse c'è qualcuno che lo sta cercando in giro per le strade, forse da qualche parte un bambino sta piangendo disperato. Il vecchio si piega un po' in avanti e allunga una mano, mentre schiocca le labbra in un richiamo. Il cucciolo drizza le orecchie, inizia a scodinzolare. Un altro richiamo, e trotterellando si fa incontro al vecchio, la piccola lingua rosa sporgente da un bel musino tozzo. Arriva a sfiorare la mano protesa del vecchio e la lecca piano. In quel momento, con un guizzo sorprendente, il vecchio raddrizza la schiena, sposta il peso a sinistra e con la gamba destra sferra un calcio con tutta la forza che ha. La punta della scarpa colpisce in pieno il cane al centro del petto, facendolo volare per almeno due metri. Il cane emette un guaito altissimo e si accascia al suolo, ansimante. Il vecchio resta fermo a guardarlo per qualche secondo, poi riprende a camminare. Deve sbrigarsi, tra poco aprirà il discount e ci sono le fettine di pollo in offerta. Deve essere lì prima che le vecchie del quartiere arrivino e gli portino via tutto.


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