Le colonne di Poseidone




A Paestum non c'ero mai stato. Bellobello, dicevano, meno famoso di quanto meriti. Sarà. Varco biglietterie e tornelli sanitari, esco fuori e guardo a destra. Ed è quasi un pugno nello stomaco, tanto è bello. Il tempio di Poseidone, immenso e antico, giallo di sabbia millenaria sull'azzurro perfetto del cielo. Ignorando insistenti richieste filiali di acqua e pipì, mi avvicino come in trance. E realizzo che la dura solidità delle colonne doriche mi risuona dentro con una forza che non credevo possibile. Ai tempi del liceo ero sostenitore accanito dei capitelli ionici, che trovavo più leggeri ed eleganti, mentre adesso mi sciolgo di fronte alla semplicità lineare del dorico, alla sua essenzialità.

In modo del tutto arbitrario ho sempre associato il capitello dorico all'architettura romanica, quello ionico al gotico, e il corinzio al barocco. Non c'è alcuna relazione culturale, lo capisco bene, ma a me sembra il medesimo arco, più esistenziale che artistico. Dall'essenzialità all'eleganza, fino alla decorazione. Il fatto che, invecchiando, il mio gusto sia passato dal ionico-gotico al dorico-romanico deve avere un significato. Il gotico guarda in alto, porta fuori e oltre. È uno stile per chi ha più cose davanti che dietro di sé, uno stile per chi è proiettato verso ciò che deve ancora essere. Per chi ha più vita da vivere che da ricordare. Sarà che a quarantotto anni, per citare il mio socio, sono già ampiamente nel girone di ritorno, ma mi viene da leggerla così. Quando la sabbia nella clessidra comincia a scarseggiare, senti il bisogno di solidità. Quando inizi a dubitare della tua eternità cominci ad apprezzare i punti fermi. Cominci a preferire la terra al cielo, le radici profonde alla brezza tra le foglie.

Sarà per questo che ogni tentativo di far cogliere la bellezza dell'antichità a due ragazzini di 9 e 12 anni si schianta contro sguardi di benevola incomprensione. "Ragazzi, ma ci pensate che questo è in piedi da 2500 anni? 2500, avete idea di quanti siano?" No, che non ce l'hanno. Perché c'è una montagna di vita da scalare davanti, i pochi metri che hanno dietro non consentono paragoni. Per apprezzare l'antico devi avere almeno assaggiato l'idea della morte. Assaggiata, non pensata. Sentita, assaporata. Allora l'idea di una cosa che si misura in migliaia di fragili vite comincia ad avere un fascino. Una stupefacente attrattiva. Se non sai di dover morire non puoi sentire il peso del tempo. E se non sai pesare il tempo non comprenderai, sotto lo sterno, la differenza tra vecchio e antico. "Sì papi, certo. Ma oggi che cosa mangiamo?"

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